07-04-08, 04:35 PM
Ad Auburn Hills, come dire Detroit, guardano con invidia al Lingotto e Bob Nardelli spera di imitare presto Sergio Marchionne. La sfida, in fondo, ? la stessa: riportare in alto un?azienda in crisi. Marchionne c?? riuscito con la Fiat, Nardelli, 60 anni, origini umbre, ? convinto di poter fare lo stesso con la Chrysler, un nome famoso, con una grande storia alle spalle (fu fondata nel 1925) e una ricca tradizione nel campo dell?aerodinamica, dello stile e dell?innovazione. Come nel caso del Voyager che segn? negli Anni ?80 un nuovo modo di intendere l?auto.
A quasi un anno dal divorzio dai ?padroni? tedeschi della Daimler e dall?acquisizione da parte di Cerberus Capital Management, societ? che gestisce 25 miliardi di dollari in fondi e conti, la ?nuova? Chrysler sta combattendo una dura battaglia per riconquistare i clienti di casa e si prepara ad espandersi all?estero sull?onda di un successo che dura da 33 mesi. Nel 2007 le vendite globali hanno sfiorato i 2,7 milioni (pi? o meno come nel 2006), quelle extra Nord America hanno superato le 238 mila con un incremento del 15%. E, stupite, l?Italia ha rappresentato il primo mercato internazionale (22 mila consegne, +2%, 800 milioni di fatturato). ?Ne siamo orgogliosi - dice a Roma l?Ad Andrea Badolati al lancio del nuovo Grand Voyager -. Tanti, malgrado tutto, sono affezionati al sogno americano. Ma in futuro ci superaranno Cina e Russia?. I conti Chrysler sono in rosso e gli Usa stanno attraversando un periodo difficile, ma Nardelli e il suo staff, in cui abbondano gli italo-americani, sono convinti di tornare al pareggio e forse all?utile entro il 2009. Un miraggio? No, piuttosto la convinzione che le strategie elaborate negli ultimi mesi siano destinate a dare buoni frutti. Obiettivo fondamentale riequilibrare il rapporto costi-vendite per portare a casa profitti consistenti.
Una svolta rispetto al passato in cui si puntava al traguardo dei 4 milioni di consegne: non sono i volumi che contano, ma la redditivit?. E, paradossalmente, il fatto che la Chrysler, con i suoi tre marchi Chrysler, Dodge e Jeep, non sia oggi quotata in borsa (? una ?LLC? cio?, diremmo noi, una societ? a responsabilit? limitata) ? un fattore positivo nell?operazione di ?ritaratura?, perch? Nardelli e compagni non sono influenzati dagli alti e bassi di Wall Street (ne sa qualcosa Marchionne) ma devono rispondere solo a Cerberus e possono studiare piani a breve e medio periodo (3-5 anni).
La strategia sviluppata per risanare l?azienda ? un sapiente mix di idee, tagli e investimenti in strutture e nuove auto. In sintesi: tre miliardi di dollari sul tappeto; riduzione dei dipendenti (un taglio di 16 mila, oggi sono circa 180 mila nel mondo); chiusura o vendita di alcuni impianti (come quello in Brasile, ceduto a Fiat) e ristrutturazione di altri; riorganizzazione della rete commerciale e della gamma vetture con l?abolizione di alcuni modelli come la PT Cruiser Cabrio o la Crossfire, il lancio di novit? importanti (i nuovi Suv targati Jeep, le Dodge Nitro, gi? un successo, e Journey) e creazione di un settore (ENVI) per lo sviluppo di veicoli elettrici e ibridi. Il tutto con l?ambizione di posizionarsi nelle fasce ?Premium? dei mercati e la formazione di tre ?divisioni? per coordinare le attivit? all?estero (Europa, America Latina e Asia, obiettivo 400 mila consegne entro il 2012) e di due per il controllo della qualit? di prodotti-servizi pro clienti e per la gestione di alleanze con altri. E? questo un capitolo che Nardelli considera ?fondamentale?. Non ? un segreto che la Chrysler, in mano per l?80,1% a Cerberus e per il resto ancora a Daimler, cerchi un partner forte. E, intanto, rafforza le alleanze industriali per motori e cambi (ne ha con Volkswagen, Hyundai-Mitsubishi, VM Motori, Getrag, Mercedes), altre ne apre (con la cinese Chery per produrre vetture di segmento B e con la Nissan per distribuire in Sud America un?auto ispirata alla berlina Versa). Tanta carne al fuoco, ?perch? la Chrysler si pu? salvare? sostiene Nardelli. Come diceva Marchionne per Fiat.
Fonte: La Stampa
A quasi un anno dal divorzio dai ?padroni? tedeschi della Daimler e dall?acquisizione da parte di Cerberus Capital Management, societ? che gestisce 25 miliardi di dollari in fondi e conti, la ?nuova? Chrysler sta combattendo una dura battaglia per riconquistare i clienti di casa e si prepara ad espandersi all?estero sull?onda di un successo che dura da 33 mesi. Nel 2007 le vendite globali hanno sfiorato i 2,7 milioni (pi? o meno come nel 2006), quelle extra Nord America hanno superato le 238 mila con un incremento del 15%. E, stupite, l?Italia ha rappresentato il primo mercato internazionale (22 mila consegne, +2%, 800 milioni di fatturato). ?Ne siamo orgogliosi - dice a Roma l?Ad Andrea Badolati al lancio del nuovo Grand Voyager -. Tanti, malgrado tutto, sono affezionati al sogno americano. Ma in futuro ci superaranno Cina e Russia?. I conti Chrysler sono in rosso e gli Usa stanno attraversando un periodo difficile, ma Nardelli e il suo staff, in cui abbondano gli italo-americani, sono convinti di tornare al pareggio e forse all?utile entro il 2009. Un miraggio? No, piuttosto la convinzione che le strategie elaborate negli ultimi mesi siano destinate a dare buoni frutti. Obiettivo fondamentale riequilibrare il rapporto costi-vendite per portare a casa profitti consistenti.
Una svolta rispetto al passato in cui si puntava al traguardo dei 4 milioni di consegne: non sono i volumi che contano, ma la redditivit?. E, paradossalmente, il fatto che la Chrysler, con i suoi tre marchi Chrysler, Dodge e Jeep, non sia oggi quotata in borsa (? una ?LLC? cio?, diremmo noi, una societ? a responsabilit? limitata) ? un fattore positivo nell?operazione di ?ritaratura?, perch? Nardelli e compagni non sono influenzati dagli alti e bassi di Wall Street (ne sa qualcosa Marchionne) ma devono rispondere solo a Cerberus e possono studiare piani a breve e medio periodo (3-5 anni).
La strategia sviluppata per risanare l?azienda ? un sapiente mix di idee, tagli e investimenti in strutture e nuove auto. In sintesi: tre miliardi di dollari sul tappeto; riduzione dei dipendenti (un taglio di 16 mila, oggi sono circa 180 mila nel mondo); chiusura o vendita di alcuni impianti (come quello in Brasile, ceduto a Fiat) e ristrutturazione di altri; riorganizzazione della rete commerciale e della gamma vetture con l?abolizione di alcuni modelli come la PT Cruiser Cabrio o la Crossfire, il lancio di novit? importanti (i nuovi Suv targati Jeep, le Dodge Nitro, gi? un successo, e Journey) e creazione di un settore (ENVI) per lo sviluppo di veicoli elettrici e ibridi. Il tutto con l?ambizione di posizionarsi nelle fasce ?Premium? dei mercati e la formazione di tre ?divisioni? per coordinare le attivit? all?estero (Europa, America Latina e Asia, obiettivo 400 mila consegne entro il 2012) e di due per il controllo della qualit? di prodotti-servizi pro clienti e per la gestione di alleanze con altri. E? questo un capitolo che Nardelli considera ?fondamentale?. Non ? un segreto che la Chrysler, in mano per l?80,1% a Cerberus e per il resto ancora a Daimler, cerchi un partner forte. E, intanto, rafforza le alleanze industriali per motori e cambi (ne ha con Volkswagen, Hyundai-Mitsubishi, VM Motori, Getrag, Mercedes), altre ne apre (con la cinese Chery per produrre vetture di segmento B e con la Nissan per distribuire in Sud America un?auto ispirata alla berlina Versa). Tanta carne al fuoco, ?perch? la Chrysler si pu? salvare? sostiene Nardelli. Come diceva Marchionne per Fiat.
Fonte: La Stampa
"Indicare se cieco, sordo, scemo di mente o mentecatto" - Censimento del Regno d'Italia, 1861.
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